domenica 20 ottobre 2013

La cultura del mercante



La riflessione odierna di un maestro della cultura politica di questo paese, espressa nelle forme di una catarsi anche emozionale sulle condizioni di arretratezza, mi induce a riprendere una tematica, quale quella della cultura, che non muove il dibattito attuale. Si parla di progesso, anzi di crescita per indicare la situazione di stallo dell'economia come se questa fosse l'unica matrice con la quale leggere le difficoltà di questi tempi. Ben peggiore è la deriva etica cui assistiamo quali spettatori e attori di un dramma collettivo che agisce da tempo: "Artisti annoverati nel seguito servile di una società senz'anima per soddisfare i bisogni fittizi della gente, per distillare un voluttuoso mezzo contro l'esaurimento e la sbadigliante, insaziabile noia dell'esistenza" (Nietzsche, La gaia scienza). La nostra è una cultura che serve: serve lo Stato e serve perchè utile allo Stato. Ma dove c'è l'utile la libertà è compromessa. Diventando utile la cultura viene sottomessa. (P. Scolari)
Quindi una cultura utile e dell'utile è compromessa e sottomessa. I detentori della cultura che dovrebbero indirizzarci, remano in un mare trasformatosi in un fiume che corre in un'unica direzione, quella del loro interesse. Quanta illusione è allora insita nei tanti discorsi sulla crescita fatta da personaggi interessati, intellettuali o uomini colti in genere. Sempre tesi, sempre tesi..(Verdone) a cogliere del problema solo l'aspetto economico. Come potremmo bere ad una cultura che abbia le caratteristiche dell'indipendenza, inutilità, solitudine, autonomia, lentezza ..Nella società moderna l'uomo perfetto è l'impiegato statale.

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